PENE SOSTITUTIVE DELLE PENE DETENTIVE BREVI

 

 

La riforma operata dalla cd. legge Cartabia (d.lgs 150/2022) ha introdotto la disciplina delle pene sostitutive attraverso la previsione dell’art. 20-bis c.p. secondo cui: “Salvo quanto previsto da particolari disposizioni di legge, le pene sostitutive della reclusione e dell’arresto sono disciplinate dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e sono le seguenti:

  •  la semilibertà sostitutiva

 [“comporta l'obbligo di trascorrere almeno otto ore al giorno in un istituto di pena e di svolgere, per la restante parte del giorno, attività di lavoro, di studio, di formazione professionale o comunque utili alla rieducazione ed al reinserimento sociale, secondo il programma di trattamento predisposto e approvato ai sensi dei commi seguenti.” I condannati alla semilibertà sostitutiva sono assegnati in appositi istituti o nelle apposite sezioni autonome di istituti ordinari.  Il Tribunale di Sorveglianza a metà espiazione della pena, per decidere in ordine all’eventuale richiesta di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 comma 3 ter O.P.] 

  • la detenzione domiciliare sostitutiva

 [comporta l’obbligo di “rimanere nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico o privato di cura, assistenza o accoglienza ovvero in comunità o in case-famiglia protette, per non meno di dodici ore al giorno, avuto riguardo a comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale, di lavoro o di salute del condannato. In ogni caso il condannato può lasciare il domicilio per almeno quattro ore al giorno, anche non continuative, per provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita e di salute, secondo quanto stabilito dal giudice”]

  •  il lavoro di pubblica utilità sostitutivo

[“trattasi di “prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato”, solitamente svolta nell’ambito della regione in cui risiede il condannato. La sua durata deve essere corrispondente a quella della pena detentiva sostituita ed è prevista la prestazione di non meno di 6 ore e non più di 15 ore di lavoro settimanali (salvo che sia il condannato a chiedere espressamente di essere ammesso a lavorare per un tempo superiore) in maniera da non pregiudicare le persistenti e sempre richiamate esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. La durata giornaliera della prestazione non può essere comunque superiore alle 8 ore e, ai fini del computo della pena, 1 giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione di 2 ore di lavoro. Il condannato, in caso di richiesta di pubblica utilità sostitutivo di pena applicata con decreto penale di condanna o con sentenza di patteggiamento, può ottenere la revoca della confisca, così come accade per i lavori di pubblica utilità ex art. 186 comma 9-bis e 187 comma 8 -bis C.d.S. salvi i casi di confisca obbligatoria]. 

È importante evidenziare la peculiarità della inappellabilità delle sentenze di condanna a pena sostitutiva con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 593 c. 3 c.p.p.  

  • la pena pecuniaria sostitutiva 

[per determinare l’ammontare della pena sostitutiva il giudice “individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2500 euro” commisurandola alle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare, onde evitare discriminazioni nei confronti dei condannati meno abbienti].

È importante sottolineare che in ordine al valore minimo della quota giornaliera la Corte Costituzionale, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 135 c.p., sostituendo il minimo di 250 euro con 75 euro. Si applica l’art. 133-ter c.p. modificato: possibile la rateazione della pena pecuniaria da 6 a 60 rate di almeno 15 euro; possibilità di estinguere la pena in qualsiasi momento in un unico pagamento].

 

La semilibertà sostitutiva e la detenzione domiciliare sostitutiva possono essere applicate dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a quattro anni. Il lavoro di pubblica utilità sostitutivo può essere applicato dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a tre anni. La pena pecuniaria sostitutiva può essere applicata dal giudice in caso di condanna alla reclusione o all’arresto non superiori a un anno”.

 

Così individuate, le pene sostitutive delle pene detentive brevi possono essere applicate dal giudice in sede di pronuncia di sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, o in sede di emissione di decreto penale di condanna, qualora ne ricorrano i presupposti. Secondo l’art. 58: “Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell'articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive”: esso dunque esercita un potere discrezionale nella scelta delle misure e nella loro applicazione, essendo tuttavia soggetto all’obbligo di motivazione per giustificare la scelta operata nell’esercizio di detto potere. Le pene sostitutive possono essere discrezionalmente applicate dal giudice solo qualora non sia possibile procedere alla sospensione condizionale della pena. Vi sono tuttavia delle esclusione ex lege di applicabilità delle pene sostitutive ex art. 59:  a) Se il reato è stato commesso entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 66, o se il condannato ha commesso un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive, fatta salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata; b) con riferimento alla pena pecuniaria, se il condannato, nei cinque anni precedenti, è stato condannato a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non l’ha pagata, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli articoli 71 e 103; c) nei confronti del soggetto al quale deve essere applicata una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere; d) se il condannato ha commesso uno dei reati espressamente esclusi, a prescindere dalla durata della pena detentiva, dalla lettera c) dell’art. 59, salvo in caso in cui sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 323-bis, c. 2, c.p.. 

Si fa inoltre espresso rinvio alla norma che disciplina il divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti di particolare gravità.

Il nucleo della disciplina processuale relativa all’applicazione delle pene sostitutive è dato dall’art. 545 bis c.p.p.

Tale norma consente al Giudice della cognizione di giungere all’accertamento della responsabilità penale e soltanto all’esito valutare se sia possibile sostituire la pena detentiva della reclusione o dell’arresto con una pena sostitutiva. Più nel dettaglio, a seguito anche dei correttivi operati dal d.lgs. 34/2024, l’art. 545 bis c.p.p. prevede:

"Il giudice, se ritiene che ne ricorrano i presupposti, sostituisce la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Quando non è possibile decidere immediatamente, il giudice, subito dopo la lettura del dispositivo, sentite le parti, acquisito, ove necessario, il consenso dell'imputato, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti e provvede ai sensi del comma 3, ultimo periodo. Se deve procedere agli ulteriori accertamenti indicati al comma 2, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all'ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso.

Al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva ai sensi dell'articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall'ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell'imputato. Il giudice può richiedere, altresì, all'ufficio di esecuzione penale esterna, il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell'ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì, dai soggetti indicati dall'articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d'azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all'ufficio di esecuzione penale esterna e, fino a cinque giorni prima dell'udienza, possono presentare memorie in cancelleria.

Acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni di cui ai commi precedenti, all'udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti. In caso contrario, il giudice conferma il dispositivo. Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell'articolo 545.

Quando il processo è sospeso ai sensi del comma 1, la lettura della motivazione redatta a norma dell'articolo 544, comma 1, segue quella del dispositivo integrato o confermato e può essere sostituita con un'esposizione riassuntiva. Fuori dai casi di cui all'articolo 544, comma 1, i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3."

 

Inoltre, a seguito di tali riforme, la norma “sostanziale” di riferimento, ossia l’art. 58 della l. n. 689 del 1981 («Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive») si arricchisce ora di un terzo capoverso in cui è codificato il principio di carattere generale secondo cui «Le pene sostitutive della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità possono essere applicate solo con il consenso dell’imputato, espresso personalmente o a mezzo di procuratore speciale».