CASS. PEN., SEZ. V, N° 38152/23
La quinta sezione penale della Corte di Cassazione è tornata ad analizzare le ipotesi di falsità in autocertificazione, in particolare relativamente alle dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli artt. 46,47 DPR 445/00.
Ancora una volta, la Suprema Corte ha stabilito che non commette il reato previsto dalla norma colui che, condannato con sentenza di patteggiamento ad una pena che non superi i 2 anni - soli o congiunti a pena pecuniaria - ovvero con decreto penale di condanna, non ne faccia menzione nella relativa dichiarazione sostitutiva.
Si rammenta che, fino all’entrata in vigore del d.lgs. 2 ottobre 2018 n. 122, se un cittadino avesse dichiarato di non aver riportato condanne penali (in forza di un certificato penale “nullo” rilasciato a propria richiesta), accadeva frequentemente di trovarsi di fronte ad una discordanza rispetto a quanto riscontrato successivamente dalla P.A. in sede di “verifica diretta”, laddove sarebbero potute risultare alcune iscrizioni non menzionate nel certificato rilasciato a richiesta del privato.
Orbene, dall’introduzione delle norme contenute nel predetto decreto, l’interessato che renda dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà relative all’esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui si prevede espressamente la non menzione.
In buona sostanza, la riforma non ha fatto altro che “allineare” ciò che è visibile sul casellario richiesto dai privati, con ciò che il privato deve dichiarare in un’autocertificazione: ciò che non risulta dal casellario richiesto dal privato non dovrà pertanto essere dichiarato dall’interessato in un’autocertificazione, senza che ciò possa comportare alcuna responsabilità a suo carico.
A seguito delle modifiche, il testo attualmente vigente prevede dunque che nel certificato del casellario giudiziale rilasciato a richiesta dall’interessato non siano riportate le iscrizioni relative ad un vasto elenco di ipotesi e, soprattutto stabilisce che l’interessato il quale renda dichiarazioni sostitutive relative all’esistenza nel casellario giudiziale di iscrizioni a suo carico, a norma degli articoli 46 e 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, non è tenuto a indicare la presenza di quelle di cui al comma 7 dell’art. 28, nonché di cui all’articolo 24, comma 1 sopra ricordato (art. 28 co. 8).
La Corte costituzionale, dichiarando la parziale illegittimità del comma 1 dell’art. 24, ha aggiunto altresì all’elenco le sentenze di condanna per uno dei reati di cui all’art. 186 del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (nuovo codice della strada) che sia stato dichiarato estinto in seguito al positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché dell’ordinanza che dichiara l’estinzione del reato medesimo ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada); nonché l’ordinanza di sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato ai sensi dell’art. 464-quater, c.p.p. e della sentenza che dichiara l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 464-septies, c.p.p.
In conclusione, la suddetta sentenza segue quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione - sezione V - con sentenza del 18 novembre 2020 n. 1966, second cui “non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio – come disciplinata dall’art. 46, comma 1, lett. aa), d.P.R. 20 dicembre 2000, n. 445, nel testo previgente all’ultima modifica – dichiari di non aver riportato condanne penali, ancorché destinatario di sentenza di applicazione della pena su richiesta, poiché il dichiarante non è tenuto a riferire nulla di più di quanto risulti dal certificato penale”