Il concreto utilizzo della somma finanziata ai fini dell’individuazione del reato di usura nell’ipotesi di prestito di liquidità
La normativa in materia di usura ha subito una graduale evoluzione nel corso degli anni, a causa della necessità di far fronte alle nuove esigenze di tutela conseguenti alla progressiva espansione del fenomeno usurario, in particolare nell’universo finanziario.
Il codice Zanardelli del 1889, in virtù del principio economico liberista dell’autonomia negoziale tra le parti, non prevedeva infatti la fattispecie di reato di usura. Sulla stessa linea sistemica, in ambito civile si riteneva che la pattuizione negoziale degli interessi fosse sufficiente ad inibire pratiche vessatorie (art. 1831 c.c.) e approntava una tutela solo indiretta contro l’usura, attraverso svariati rimedi di carattere risarcitorio solo per taluni istituti.
Il delitto di usura è stato, quindi, introdotto nell’ordinamento giuridico italiano solo con l’entrata in vigore del Codice Rocco del 1930.
Successivamente, la legge 7 marzo 1996 n. 108 ha regolamentato lo strumento dei c.d. tassi soglia, disponendo tra le altre cose che questi venissero stabiliti dal Ministero del Tesoro con cadenza trimestrale. Prima di tale intervento legislativo, gli elementi integranti la fattispecie incriminatrice erano lasciati una eccessiva discrezionalità del giudice, soprattutto con riferimento ai comportamenti attuati dagli istituti di credito[2].
In tal modo, il tasso d’interesse usurario è stato fissato nel tasso medio praticato dal sistema legale, in relazione alle diverse operazioni di credito, aumentato della metà. È stata, inoltre, introdotta una presunzione legale di “usurarietà” per qualsiasi prestazione di denaro o altre utilità a tassi superiori al limite-soglia, attribuendo al Ministero del Tesoro (ora MEF), sentiti la Banca d’Italia e l’U.I.F, il compito di classificare annualmente le operazioni creditizie per categorie omogenee e di rilevare trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito.
Dunque, l’intervento del legislatore del 1996 è servito certamente a rendere maggiormente specifica e concreta la fattispecie principale di usura, mediante la predeterminazione normativa del tasso-soglia al di sopra del quale l’interesse diventa automaticamente usurario; predeterminazione che tuttavia è soggetta, ex art. 2 ad una procedura amministrativa per la determinazione, appunto, del c.d. tasso-soglia.
Per tali ragioni, la norma di cui all’art. 644 c.p., secondo la dottrina maggioritaria[3], si presenta come una norma penale in bianco, in quanto per determinare il contenuto del precetto penale è necessario fare riferimento ai risultati di una autonoma procedura amministrativa che si risolve nella pubblicazione trimestrale individuanti i tassi globali medi. È stato osservato su più fronti, come appare evidente che in tali determinazioni si possano rinvenire pericolosi spazi di discrezionalità, idonei a tradursi a loro volta in margini di incertezza applicativa dei decreti stessi[4].
Sulla scorta di tali considerazioni, si sono da più parti sollevati dubbi di incostituzionalità.
Il rilievo assunto dalla procedura amministrativa di determinazione del tasso ha fatto sorgere dubbi di legittimità costituzionale della norma. Sul tema è intervenuta nel 2002 la Corte Costituzionale[5] che ha respinto l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 644 c.p. per violazione dell’art. 3, 25 e 41 della Costituzione in quanto ha ritenuto che la legge n. 7 marzo 1996 n. 108 abbia fissato “limiti e criteri analitici e circoscritti al punto da rappresentare vincoli sufficienti a restringere la discrezionalità della pubblica amministrazione nell’ambito di una valutazione strettamente tecnica e, come tale, da ritenersi idonea a concorrere, nel pieno rispetto del principio della riserva di legge in materia penale, alla precisazione del contenuto della norma incriminatrice”[6].
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità in svariate occasioni, pur ribadendo che non v’è dubbio che la legge abbia determinato con grande chiarezza il percorso che l’autorità amministrativa deve compiere per fotografare l’andamento dei tassi finanziari, ha tuttavia ravvisato eccessivi margini interpretativi rimessi alla Banca d’Italia per l’individuazione degli oneri e delle spese da includere nella rilevazione dei tassi medi di mercato[7].
D’altra parte, il legislatore del 1996 ha introdotto anche quella che viene definita usura “concreta” o “soggettiva”, ex art. 644 comma 3, che si caratterizza per l’assenza del criterio di tasso fissato invece per l’usura c.d. presunta. Tale norma prevede infatti che sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’operazione di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Evidente è il fine perseguito dal legislatore di ampliare il raggio a tutte quelle operazioni che, pur non superando il tasso medio, si rivelassero comunque nei fatti sproporzionate, in quanto ad esempio accompagnate da condizioni “usurarie” di altra natura, dirette allo scopo di eludere la soglia legale.
Anche con riferimento a tale ipotesi i dubbi sollevati dalla dottrina costituzionale concernono il rispetto dei principi costituzionali di determinatezza o tipicità della norma penale[8]. Ed invero, il Giudice, stando al dettato letterale, godrebbe di libertà circa la determinazione di concrete modalità del fatto e operazioni similari con le quali confrontare il tasso medio praticato nel caso davanti a lui pendente[9].
D’altronde la stessa espressione “usura in concreto” lascia chiaramente comprendere come l’accertamento della sproporzionalità del tasso applicato venga lasciato al libero apprezzamento del giudice, a prescindere dalla valutazione del superamento legale degli interessi, ma pur sempre nel rispetto del principio di offensività[10].
[1]La giurisprudenza civile ha costantemente affermato che nel caso di un mutuo ipotecario, il contratto è affetto da nullità se si verifica la deviazione dalla finalità a cui l'attribuzione delle somme era preordinata e che rientrava nella causa concreta del contratto (cfr. Cass. civ., Sez. I, ord. 21 ottobre 2019 dep. 22 maggio 2019, n. 26770).
[2] La l. 7 marzo 1996 n.108 non ha modificato solamente l’art. 644 c.p. ma anche l’art.1815 co. 2 c.c. modificando le conseguenze civilistiche derivanti dal reato di usura. La modifica appena menzionata ha intaccato l’originario meccanismo della riduzione del tasso usurario nella misura legale con la conversione del negozio usurario in negozio gratuito. L’attuale art. 1815 co. 2 c.c. prevede infatti che se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.
[3] Bellacosa M., Usura, in Digesto penale, XV, 2006, pag. 144; Cavaliere A., L’usura tra prevenzione e repressione: il controllo del ruolo penalistico, in RIDPP, 1995, pag. 1206; De Angelis G., Usura, in EGI, XXXII, 1994.
[4] Ronco M., Romano B., Codice penale commentato, Utet, 2012, pag. 3347-3349.
[5] Corte Costituzionale, sentenza 14 febbraio 2002, n. 29
[6] Troncone P., “Il delitto di usura: successione delle leggi e struttura del reato” in Rivista Penale, La Tribuna, 2003, secondo cui “La Corte non manca, tuttavia, di rilevare che nonostante le diverse perplessità suscitate, l’intervento del legislatore del 1996 ha apprestato una importante garanzia alla tutela dei soggetti attraverso il meccanismo della individuazione oggettiva degli elementi che conferiscono illiceità penale al fatto. Rilevando, a tale proposito, che la fissazione per legge dei tassi di interesse svincola l’accertamento della responsabilità penale da eventi soggettivi e variabili che sotto la precedente vigenza dell’abrogato art. 644 c.p. avevano destato non poche perplessità in termini di certezza. In buona sostanza, la Corte ritiene che la legge n. 108/96 nel quadro dei suoi elementi oggettivi è stata adeguatamente completata dal decreto legge n. 394/2000,avendo stabilito al primo comma che: «Ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, in-dipendentemente dal momento del loro pagamento». Sul piano generale e su quello dell’intervento dello Stato in una prospettiva di politica criminale la sentenza della Consulta, chiamata ad intervenire su di una iniziativa legislativa di interpretazione autentica, sembra marcare quel livello di allarme che l’economia, e nella specie il mercato del credito legale, registrava durante i lavori di revisione dell’art. 644 c.p. nel 1996”.
[7] Cfr. Cass. pen., Sez. II, 26 marzo 2010, n. 12028
[8] Fiandaca-Musco, Diritto penale, parte speciale, Bologna 1996 “la norma in esame restituisce al giudice un potere discrezionale altrettanto ampio di quello derivante dalla tradizionale disciplina normativa contenuta nella previgente norma incriminatrice: la preoccupazione politico-criminale di colmare possibili vuoti di tutela implica, inevitabilmente, un “prezzo” in termini di sufficiente determinatezza della fattispecie.
[9] Mantovani F., Diritto penale, III ediz., Padova 2009 secondo cui l’art. 644 comma 3 c.p. è una fattispecie con la quale si è voluto delineare una norma di “chiusura”, mantenendo un’usurarietà in concreto, da accertarsi caso per caso da parte del giudice, restituendo a questi quella passata discrezionalità solo in parte eliminata dall’introduzione degli interessi usurari ex lege.
[10] Manna A., La nuova legge sull’usura: un modello di tecniche incrociate di tutela, Utet, 1997 La prevalente dottrina ritiene infatti l’usura quale reato di pericolo, dato che non si richiede un’effettiva diminuzione del patrimonio del soggetto passivo o che l’usuraio consegua le somme o gli interessi pattuiti. Sul punto anche Bonora, L’usura, Padova, 2007 e Mantovani F., Diritto penale, Parte speciale, II, Delitti contro il patrimonio, Padova, 2014. Per la prevalente opinione che sostiene la natura dell’usura quale reato di pericolo, in particolare di pericolo astratto nel caso di usura presunta e di pericolo concreto nell’ipotesi di usura concreta cfr. FERLA, Usura, in PULITANÒ, Diritto penale. Parte speciale, Tutela penale del patrimonio, vol. II, Torino, 2013.
[11] Cfr. “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” .